Impugnazione della delibera assembleare: il condomino deve fornire la prova del danno economico patito.
di Giancarlo Geraci
Il Tribunale di Roma, con due pronunce assai ravvicinate, ossia le sentenze del 3 maggio 2021 n.7587 e del 6 luglio 2021 n.11640, danno seguito ad un recente orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, in materia di impugnativa di delibere assembleari condominiali, non basta all’attore la dimostrazione della sussistenza di vizi formali della stessa
ma ha anche il dovere di provare che la delibera impugnata lede i propri interessi, cagionandogli uno specifico danno economico.
IL FATTO. Simili i fatti alla base delle pronunce in commento. In entrambi i casi, infatti, il condomino impugnava la delibera assembleare ritenuta illegittima per vizi formali e il Condominio convenuto, nel costituirsi, deduceva la carenza di interesse dell’attore poiché la delibera non gli cagionava alcun danno.
In particolare, nella prima delle pronunce citate, invero assai scarna nella descrizione della parte in fatto, emerge esclusivamente che il condomino aveva impugnato la delibera di approvazione del rendiconto consuntivo senza, tuttavia, fornire la prova di quale fosse il danno economico patito a seguito della ritenuta illegittima approvazione.
Nella seconda, invece, il condomino impugnava la delibera assembleare con cui veniva deliberata la realizzazione dell’impianto ascensore e che indicava dei criteri di ripartizione delle relative spese, ritenuti illegittimi dall’attore, che avrebbero, tuttavia, dovuti essere approvati nella successiva riunione condominiale. Il Condominio, nel costituirsi, evidenziava proprio tale aspetto, ossia che la delibera impugnata non cagionava alcun danno economico all’attore non avendo alcuna portata precettiva, considerato che i criteri di ripartizione delle spese non erano stati oggetto di approvazione.
LA SOLUZIONE. Il Tribunale di Roma, nel decidere entrambe le controversie, segue un principio di diritto di recente inaugurato dalla Corte di Cassazione, con la pronuncia del 9 marzo 2017 n.6128.
Secondo il Tribunale capitolino, in particolare, il condomino che impugna la delibera assembleare ritenuta illegittima deve assolvere all’onere della prova, di cui all’art. 2697 cod. civ., consistente non soltanto nel dimostrare l’asserita illegittimità della delibera impugnata ma, altresì, anche il danno economico che gli è derivato dall’approvazione del predetto atto. Tale pregiudizio, in particolare, deve riverberarsi sul patrimonio del condomino impugnante e deve, altresì, essere oggetto di quantificazione da parte di quest’ultimo.
In mancanza di tale precisa prova, così come avvenuto nelle pronunce in commento, la domanda di annullamento della delibera non può essere accolta poiché manca uno specifico interesse del condomino in tal senso.
In entrambe le fattispecie in commento, quindi, il Tribunale di Roma, pur rilevando la possibile esistenza di vizi formali della delibera impugnata, ha comunque rigettato la domanda attorea, ritenendola carente di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c.
COMMENTO. Con le pronunce in commento il Tribunale capitolino si allinea ad un orientamento che, tanto nella giurisprudenza di legittimità, quanto in quella di merito sta prendendo sempre più campo.
L’idea di fondo è quella secondo cui il mero vizio formale della delibera assembleare, non accompagnato da un contestuale danno sostanziale, che deve essere provato sia nell’ an che nel quantum debeatur dal condomino attore, non può portare all’annullamento della delibera stessa. La motivazione alla base del detto orientamento, nemmeno tanto celata dal Tribunale di Roma in una delle due pronunce che si stanno commentando, è quello di porre un freno al contenzioso condominiale, spesso assai smodato e basato più su diatribe interne e infinite tra i condomini di fantozziana memoria, anziché su effettive problematiche giuridiche.
Pertanto, prima la Corte di Cassazione con la citata pronuncia del 9 marzo 2017 n.6128, con cui si affermò che «il condomino, il quale intenda proporre l’impugnativa di una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese di gestione, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, interesse che presuppone la derivazione dalla deliberazione assembleare di un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale» e, successivamente, sempre più numerosa giurisprudenza di merito (oltre alle pronunce in commento, si vedano anche Trib. Genova, sez. III, sentenza 16 luglio 2021 n.1729; Trib. Milano, sez. XIII, sentenza 29 dicembre 2020 n.8850; Trib. Roma, sez. V, sentenza 3 dicembre 2020 n.17290; C. App. Genova, sez. II, sentenza 19 luglio 2021 n.819) hanno confermato quello che oramai sta diventando un consolidato indirizzo giurisprudenziale.
Da un punto di vista squisitamente giuridico, poi, sembra centrato il collegamento con l’art. 100 c.p.c. e l’idea che la mancanza di un effettivo danno economico conseguente all’approvazione della delibera assembleare impugnata priva il condomino di qualsivoglia interesse giuridico al relativo annullamento. Non esiste e non può esistere, infatti, all’interno del Condominio un controllo diffuso della regolarità formale delle delibere assembleari che, dunque, vanno soggette ad annullamento nel caso in cui pongano in essere un danno concreto ed effettivo nei confronti del soggetto che agisce. Pertanto, anche una delibera effettivamente illegittima e che cagiona un danno ad alcuni condomini non potrà essere annullata se ad agire saranno soggetti diversi da coloro nei confronti dei quali la detta delibera provoca un danno. Infine, si osserva che l’orientamento esposto si basa su un principio centrale nel nostro ordinamento, in particolare di quello processualcivilistico, ossia quello della prevalenza della sostanza sulla forma. Sono numerosi, infatti, gli istituti che rispondono alla tutela del predetto principio, a sua volta ispirato a quello dell’economia processuale, quale ad esempio la sanabilità della citazione viziata con la costituzione del convenuto.
L’idea di non accogliere la domanda di annullamento di una delibera assembleare che, in concreto, non provoca alcun danno risponde proprio all’idea di evitare di occupare ulteriormente il già assai ingolfato sistema giustizia con azioni che non portano ad alcuna utilità all’attore, se non il piacere perverso di aver posto i bastoni tra le ruote all’ “odiato” amministratore di condominio e agli altri condomini.
Ma per questo, per ritornare agli indimenticabili film del ragionier Ugo Fantozzi, basta semplicemente andare in assemblea armati di scolapasta a mo’ di elmetto e mazza ferrata.