Sentenza 5 giugno 2018, n. 2731
Tribunale Palermo, Sezione 2 civile
Data udienza 5 giugno 2018
Integrale
Contratto di locazione ad uso abitativo - Stipula nel vigore della L. n. 392/78 - Tacito rinnovo dopo l'entrata in vigore della L. n. 431/98 - Sanatoria pattuizione canone in misura ultralegale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI PALERMO
SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Rosalia Grassadonia, all'udienza del 5 giugno 2018 ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 11464/2014 promossa da:
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell'avv. PA.AL. elettivamente domiciliato in VIA (…) PALERMO presso il difensore avv. PA.AL.
RICORRENTE
contro
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell'avv. BE.UM., elettivamente domiciliato in VIA (…) PALERMO presso il difensore avv.
BE.UM.
RESISTENTE
Oggetto : determinazione di canone legale di locazione.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. l'odierno ricorrente conveniva in giudizio (…). Esponeva di avere stipulato in data 1/11/1994 un contatto di locazione avente ad oggetto un immobile sito in P., via (…), piano ottavo, interno 16, di durata di quattro anni più quattro, rinnovabili, risolto consensualmente e rilasciato dal conduttore il 30/1/2014.
Deduceva che il canone dovuto e corrisposto al locatore dal 1 novembre 1994 fosse superiore alla misura legalmente determinabile in base alle norme inderogabili degli art. 12 e seg. L. n. 392 del 1978. Pertanto chiedeva la determinazione del canone legale di locazione per l'immobile oggetto del giudizio ai sensi della L. n. 392 del 1978. Chiedeva la condanna del locatore al rimborso delle somme corrisposte in eccedenza per differenze tra i canoni effettivamente pagati e quelli legalmente dovuti, dall'1/1/1994 al 30/1/2014 oltre alla rivalutazione e agli interessi legali. Chiedeva la ripetizione degli aumenti Istat versati, con condanna del resistente alle spese del giudizio.
Si costituiva in giudizio il resistente che preliminarmente eccepiva l'improcedibilità per mancato esperimento della procedura di mediazione, l'intervenuta decadenza e prescrizione, oltre l'infondatezza del diritto di ripetizione dei canoni di locazione nonché degli adeguamenti Istat.
Nel corso del giudizio veniva esperita, con esito negativo, la procedura di mediazione e questo decidente ammetteva l'interrogatorio formale del resistente, e del ricorrente.
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Il ricorrente si presentava all'udienza fissata per il giorno 28/10/2015 e rendeva l'interrogatorio, il resistente, invece, non si presentava a rendere l'interrogatorio formale.
Veniva nominato un CTU ed infine la causa veniva rinviata per la decisione.
All'udienza del giorno 5 giugno 2018 veniva emessa sentenza ex art. 429 c.p.c.
Preliminarmente si ritiene che sia infondata l'eccezione di prescrizione e decadenza della domanda di ripetizione.
Ed infatti il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato il 30/7/2014, entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile avvenuta il 30/1/2014.
L'art. 79 della L. n. 392 del 1978 espressamente prevede che "Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge".
La Suprema Corte, è conforme nel ritenere che "Il termine semestrale di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, comma 2, fa sì che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione" (Cass. Sez. III, Sent., 07-07-2010, n. 16009).
Si precisa che la domanda del conduttore diretta ad ottenere la restituzione dei canoni corrisposti in eccedenza alla misura legale è una ripetizione di indebito e come tale, è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale. La domanda inoltre è soggetta al termine semestrale di decadenza dalla riconsegna dell'immobile.
Per riconsegna dell'immobile la giurisprudenza di legittimità è conforme nel ritenere che debba intendersi la materiale riconsegna dell'immobile, indipendentemente dalla cessazione de iure del rapporto. Infatti solo con la materiale riconsegna l'immobile concretamente viene posto nella disponibilità del locatore. Nella fattispecie l'immobile è stato rilasciato in data 30 gennaio 2014 e il ricorso risulta depositato il 30 luglio 2014 , entro i sei mesi.
Pertanto, la decadenza prevista dalla norma comporta che l'azione esperita oltre il suddetto termine espone il conduttore al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine dei sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto sino al momento del rilascio dell'immobile locato, senza alcuna incidenza estintiva della prescrizione.
Soltanto una simile interpretazione avvalora, del resto, la ratio normativa di consentire al conduttore di ottenere quanto abbia indebitamente corrisposto senza la remora che il locatore possa agire in ritorsione impedendo che alla scadenza la locazione possa proseguire.
Ciò premesso, nel merito si osserva che la determinazione del canone legale di locazione e il conseguente conteggio delle differenze tra le somme pagate e quelle dovute a titolo di canone equo locativo deve riguardare il periodo che va dal 1 novembre 1994, data di stipula del contratto, fino al 1 novembre 2002 giorno in cui il contratto si è rinnovato sotto la vigenza della L. n. 431 del 1998 nel frattempo entrata in vigore, che ha rimesso la determinazione dell'ammontare del canone alla libera autodeterminazione delle parti.
Questo decidente non ignora che recentemente la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile il canone equo anche nel periodo in cui il contratto si è rinnovato transitando nella nuova legge.
La Suprema Corte infatti recentemente ha affermato che "In tema di locazioni ad uso abitativo, la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della L. 9 dicembre 1998, n. 431, legittima il conduttore ad esercitare l'azione prevista dall'art. 79 della L. 27 luglio 1978, n. 392, onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli artt. 12 e ss. della citata L. 27 luglio 1978, n. 392, a decorrere dall'origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza, ivi compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nel vigore della L. n. 431 del 1998, con sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'art. 1339 cod. civ." (vedi Cassazione civile, sez. III, 24/02/2015, n. 3596). Ha quindi ritenuto che nel caso di pendenza, alla data di entrata in vigore della L. n. 431 del 1998, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello c.d. equo, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita, il conduttore è da considerarsi legittimato ad esercitare l'azione diretta a rivendicare l'applicazione del canone legale con la sua sostituzione imperativa al pregresso
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canone convenzionale illegittimamente pattuito. Tale sostituzione, in ipotesi di accoglimento dell'azione, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della L. n. 431 del 1998.
Questo giudice tuttavia ritiene di aderire all'orientamento in precedenza seguito dalla stessa Corte di Cassazione secondo cui in caso di contratto di locazione ad uso abitativo stipulato nel vigore della legge dell'"equo canone" e rinnovatosi tacitamente dopo l'entrata in vigore della L. 9 dicembre 1998, n. 431, la nullità della pattuizione di un canone in misura ultralegale - secondo il dettato dell'art. 79, L. 27 luglio 1978, n. 392 - deve ritenersi sanata a far tempo dalla data della rinnovazione tacita. Pertanto da quel momento (dal momento della rinnovazione, non di entrata in vigore della legge) il canone dovuto è quello liberamente pattuito in origine dalle parti e non più quello legale.
Si ritiene quindi che nel caso di contratto di locazione che - stipulato nella vigenza della L. n. 392 del 1978 per un canone superiore a quello equo - si sia rinnovato tacitamente dopo l'entrata in vigore della L. n. 431 del 1998, la nullità (per contrasto con la disciplina imperativa) della clausola convenzionale di determinazione del canone deve dirsi cessata. Il conduttore, pertanto, ha diritto di ripetere la differenza tra quanto versato e quanto dovuto a titolo di equo canone solo per il periodo compreso tra l'inizio del rapporto di locazione e il primo rinnovo successivo all'entrata in vigore della nuova legge che disciplina le locazioni abitative.
Il contratto oggetto del giudizio era stato stipulato in data 1 novembre 1994, quindi anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 431 del 1998, e una volta che si è tacitamente rinnovato, dopo l'entrata in vigore della stessa, per mancata tempestiva disdetta, è "transitato" nella disciplina prevista dalla nuova legge.
Nella fattispecie oggetto del giudizio il locatore avrebbe potuto disdire il contratto alla scadenza del 1 novembre 2002 , non avendo inviato disdetta per tale data il contratto si è rinnovato ai sensi della disciplina legale sopravvenuta e pertanto deve ritenersi che dalla data del rinnovo non sia più applicabile la legge sull'equo canone.
Questo decidente continua a seguire tale orientamento in quanto ritiene sostanzialmente ingiusto garantire al conduttore il pagamento del canone legale - e la ripetizione di quanto pagato in precedenza oltre l'"equo canone" - nonostante egli godesse della durata quadriennale rinnovabile che, nel disegno del legislatore del 1998, costituiva il contrappeso della liberalizzazione del canone attuato con la L. n. 431 del 1998.
Per quanto riguarda la somma dovuta dal resistente si ritiene di utilizzare gli esiti della C.T.U., poiché appaiono corretti ed immuni da vizi logici
Sulla base dei coefficienti indicati dal CTU per l'immobile in esame, nel novembre 1994 il canone non poteva essere superiore ad Euro 241,78.
Risulta, eseguendo la differenza fra le somme versate dal conduttore dal 1 novembre 1994 al 1 novembre 2002 e quelle legalmente dovute secondo la L. n. 392 del 1978, (indicate nel conteggio depositato dal CTU Br. a cui si rinvia), la somma di Euro 15 048,93.
Tale somma è stata corrisposta in violazione delle norme 12 e seg. della L. n. 392 del 1978, che sono imperative (come si evince dall'art. 79 L. n. 392 del 1978 citata) e che fissano in modo inderogabile il canone legale per il periodo in oggetto. La somma riscossa indebitamente dal locatore, ai sensi dell'art. 2033 c.c., deve essere restituita al conduttore, a cui devono aggiungersi gli interessi legali a decorrere dalla domanda giudiziale.
In particolare, rileva questo Giudice che, trattandosi nella specie di un'ipotesi di indebito oggettivo, essendo presunta la buona fede dell'accipiens al momento del pagamento, in mancanza di prova della malafede, la decorrenza degli interessi ai sensi dell'art. 1224 c.c., opera non dal giorno del pagamento, ma da quello della costituzione in mora mediante specifica domanda giudiziale.
Non è da accogliere la richiesta di ripetizione degli adeguamenti istat.
Infatti relativamente alla ripetizione degli adeguamenti istat, corrisposti dal conduttore, è irrilevante la raccomandata ove il conduttore si sia uniformato alle richieste anche orali, con esclusione della possibilità di ripetere gli aggiornamenti già corrisposti.
Le spese del giudizio si pongono a carico del resistente che è la parte soccombente e si liquidano come da dispositivo.
Si pongono definitivamente a carico del resistente le spese di CTU. P.Q.M.
Il Giudice Unico, ogni contraria istanza, eccezione e difesa reietta, definitivamente pronunciando, così provvede 1) In parziale accoglimento della domanda proposta dal ricorrente condanna il resistente al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 15 048,93, a titolo di somme corrisposte in eccesso rispetto al canone equo di locazione, per il periodo dal 1 novembre 1994 al 1 novembre 2002 oltre interessi legali a far data dalla domanda e fino all'effettivo soddisfo.
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2) Rigetta la domanda del ricorrente con cui ha chiesto la ripetizione degli aumenti Istat
2) Pone a carico del resistente le spese di CTU
3) Condanna il resistente, al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 4 000,00 per compensi professionali oltre 540,00 per spese oltre iva cpa e spese forfetarie.
Così deciso in Palermo il 5 giugno 2018.
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2018.