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Sentenze

Sentenza 8 giugno 2018, n. 2786

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Tribunale Palermo, Sezione 5 civile


Data udienza 1 giugno 2018
Integrale


Commissione di massimo scoperto - Previsione contrattuale Onere di determinatezza - Valutazione rigorosa - Elementi rilevanti - Mancata pattuizione - Imposizione unilaterale Illegittimità


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Palermo, Sezione Quinta Civile, nella persona del Giudice dott. Andrea Illuminati, ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel procedimento portante l'RG n. 6504/14 degli affari civili tra
(…) srl, (…), (…), (…) e (…) (avv. Pa.An.)

  • opponente e
    (…) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. (avv. Ma.Ta.)
  • opposta -
    Oggetto: "rapporti di conto corrente e altri contratti bancari"
    MOTIVI DELLA DECISIONE
    Con decreto ingiuntivo n. 1075/14, reso da questo Tribunale il 13 marzo 2014, il (…) s.p.a. intimava a (…) srl, in solido con
    (…), (…), (…) e (…), la prima come debitrice principale e i secondi come fideiussori, il versamento dell'importo di Euro
    111.932,53 di cui Euro 74.565,32 quale saldo debitorio del finanziamento chirografario acceso in data 16/12/10 ed Euro 38.367,21 quale saldo debitorio del c/c di corrispondenza n. (…), oltre interessi di mora per come specificati in ricorso monitorio.
    Con atto di citazione ritualmente notificato gli ingiunti interponevano rituale opposizione avverso il DI, deducendo la non debenza degli importi intimati per essere stati applicati dall'azienda di credito, in relazione al rapporto di conto n. (…), interessi ultralegali, illegittimamente capitalizzati in violazione del disposto di cui all'art. 1283 c.c. e superanti il tasso soglia usura previsto dalla L. n. 108 del 1996; assumevano, inoltre, che analoghe irregolarità avevano connotato la tenuta del c/c anticipi n. (…), le cui competenze erano state girate sul c/c principale n. (…); evidenziavano, infine, che il contratto di finanziamento chirografario n. (…) era affetto da nullità per difetto di causa (ex artt. 1418 co. 2 e 1346 c.c.) in quanto stipulato per ripianare esposizioni debitorie in realtà inesistenti. Chiedevano, pertanto, la revoca del DI, con condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite.
    Il (…) s.p.a., costituitosi in giudizio, assumeva l'infondatezza delle argomentazioni poste a fondamento dell'opposizione di cui domandava il rigetto. Evidenziava altresì la inammissibilità delle pretese formulate dalla controparte con riguardo al c/c n. (…) per non essere tale conto stato oggetto della pretesa monitoria formulata dalla banca.
    Istruita la causa a mezzo di CTU contabile, all'udienza del 6/3/18 il Giudice ha trattenuto la causa in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti, concedendo i termini ex art. 190 c.p.c.
    Ciò posto, gli opponenti chiedono la revoca del DI in considerazione, anzitutto, delle nullità da cui risulterebbe inficiato il rapporto di c/c n. (…) che ha dato luogo a parte dell'esposizione debitoria.
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    Prima effettuare la ricostruzione del c/c in esame alla luce delle contestazioni degli opponenti, il Tribunale osserva innanzitutto che nel contratto di conto corrente, l'omessa impugnazione o l'approvazione (anche tacita) dell'estratto conto - se precludono, ex art. 1832 co. 1 c.c., qualsiasi contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti iscritti nell'estratto conto (salva l'impugnazione per errori, omissioni e duplicazioni di carattere formale, ai sensi del secondo comma della medesima disposizione) - non impediscono di sollevare contestazioni in ordine alla validità e all'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano i suddetti addebiti e accrediti, e cioè quelle fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell'inclusione o dell'eliminazione di partite del conto corrente (così Cass. civ. nn. 2871/2007 e 11749/2006). In nessun caso, dunque, l'eccezione di nullità della clausola avente a oggetto la pattuizione degli interessi può restare preclusa dall'approvazione tacita del conto (Cass. civ. n. 10376/2006). Né - come la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. civ. n. 2262/1984) - il pagamento di interessi ultralegali (illegittimi), in favore della banca che abbia proceduto al relativo addebito sul conto corrente del cliente, costituisce adempimento di una obbligazione naturale ed art. 2034 c.c.
    Ciò posto, in merito agli interessi debitori del c/c di corrispondenza, deve aversi riguardo nel riconteggio a quelli indicati nel documento contrattuale del 21/5/08 agli atti che prevede espressamente la misura del saggio degli interessi creditori e debitori sia entro fido che extra - fido, da ritenersi dunque legittimamente addebitati in forza di valide pattuizioni, conformemente al dettato di cui all'art. 1284 c.c.
    Quanto all'accertamento dell'usura oggettiva, avuto riguardo nella determinazione del teg (tasso effettivo globale) alla formula matematica (da ritenersi ossequiosa del disposto di cui al co. 4 dell'art. 644 c.p., v. Trib., Reggio Emilia, sent. 09/07/15 n. 976), si riscontra - previa esclusione dalla determinazione del costo effettivo del rapporto delle cms e delle commissioni sul fido accordato che, a prescindere dalla loro astratta ricomprensione (o meno) nella individuazione del teg, non possono in concreto essere computate, siccome non validamente pattuite tra le parti (v. infra) - il mancato superamento della soglia di legge nel trimestre di accensione del conto (secondo trimestre 2008) e, conseguentemente, alcuna usura convenuta (recte: originaria) è suscettibile di essersi verificata nel caso in oggetto.
    Le diverse conclusioni cui perviene il perito che, in sede di risposta alle osservazioni delle parti (v. pag. 16 CTU), individua nel trimestre di apertura del conto un teg del 19,279% a fronte di un tasso soglia del 14,82%, risultano non condivisibili; se infatti si escludono le cms, erroneamente considerate dal consulente tecnico d'ufficio, il tasso effettivo globale è pari al 14,199% e, dunque, entro la soglia di legge.
    Nei periodi in cui invece, nel corso del rapporto, è avvenuto il superamento del tasso soglia (v. ipotesi sub. b riportata alle pagine 12 e 13 della CTU) gli interessi a debito devono essere riportati entro soglia, ciò in quanto l'applicazione di interessi in misura superiore, da un lato, non sarebbe meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. ed, al contempo, risulterebbe in contrasto con l'equità quale fonte integrativa del contratto (ex art. 1374 c.c.) che impone di ridurre gli interessi nei limiti consentiti per legge e quali di tempo in tempo fissati. Non appare, invece, condivisibile la pretesa dell'opponente in ordine alla espunzione dal ricalcolo degli interessi a debito, trovando la sanzione prevista dall'art. 1815 co. 2 c.c.. applicazione solo in ipotesi interessi usurari sin dal momento della loro pattuizione (c.d. usura originaria), fattispecie come detto non ricorrente nel caso in esame.
    Nella ricostruzione del rapporto deve, altresì, essere tenuta in considerazione la capitalizzazione composta degli interessi a debito, risultando priva di pregio la doglianza relativa alla violazione da parte della banca del disposto di cui all'art. 1283 c.c.
    Nella fattispecie la capitalizzazione trimestrale degli interessi è legittima, siccome contrattualmente prevista dalle parti e conforme alle condizioni stabilite secondo il combinato disposto dell'art. 120 D.Lgs. n. 385 del 1993 e della Del.CICR 9 febbraio 2000. Si rammenta, infatti, che l'art. 120 del TU Bancario, come modificato dall'art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999, ha attribuito al CICR il potere di stabilire le modalità ed i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria. Con l'emanazione della relativa deliberazione (in data
    9.2.00, pubblicata nella G.U. 22 febbraio 2000), deve oggi ritenersi certa la legittimità della capitalizzazione degli interessi pattuita mediante apposite clausole contenute nei contratti bancari.
    Con ulteriore censura viene inoltre contestata l'illegittima applicazione nel conto in esame della clausola di cms.
    Dato che il termine commissione di massimo scoperto non è, per la sua vaghezza, riconducibile ad una univoca fattispecie giuridica, l'onere di determinatezza della previsione contrattuale delle c.m.s. deve essere valutato con particolare rigore, dovendosi esigere, se non una sua definizione contrattuale, per lo meno la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinarla (percentuale, base di calcolo, criteri e periodicità di addebito), in assenza dei quali non può nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il cliente abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell'effettivo contenuto giuridico della clausola e, soprattutto, del suo "peso" economico; in difetto
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    l'addebito delle commissioni si traduce in una imposizione unilaterale della banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione consensuale, ciò, peraltro, in chiara violazione del disposto di cui all'art. 1346 c.c., in quanto una clausola, per la sua validità, richiede che l'oggetto sia determinato o determinabile.
    Venendo al caso di specie, le cms vanno escluse dal calcolo del saldo del rapporto bancario in quanto, pur essendo stata prevista per esse l'aliquota (del 1%) e la periodicità dell'addebito (trimestrale), non viene indicata la base di calcolo. In particolare, in difetto di una chiara e dettagliata pattuizione, la stessa risulta indefinita ab origine, con conseguente sua nullità ai sensi degli artt. 1418 co. 2 e 1346 cod. civ.
    Stesso dicasi della commissione "corrispettivo su accordato", applicata dalla banca al rapporto in oggetto a partire dal 1 luglio 2009 (a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 2 bis della L. n. 2 del 2009), dato che la stessa è stata addebitata in conto corrente "senza fornire le modalità di sua determinazione" (v. pag. 5 CTU). Si aggiunga a ciò che tale commissione non è stata neppure pattuita in forma scritta tra le parti (così come richiesto a pena di nullità dall'art. 2 bis co. 1 L. n. 2 del 2009), né il suo inserimento è stato fatto precedere da "proposta di modifica contrattuale" ex art. 118 tub (come pure consentito dal successivo co. 3 dell'art. 2 bis per i contratti bancari in essere al momento di entrata in vigore della L. n. 2 del 2009).
    Il ricalcolo deve, infine, essere compiuto applicando le c.d. "valute bancarie", in quanto - per come rettamente osservato dal ctu - le stesse sono state convenzionalmente e puntualmente disciplinate in tutte le condizioni dal contratto di c/c.
    Venendo dunque alla determinazione del saldo del rapporto in esame, ritiene il Tribunale di far riferimento alla soluzione 2) prospettata dal ctu a pagina 14 dell'elaborato peritale (e allegato n. 2 alla consulenza tecnica); pertanto, una volta escluse le cms e cdf e ridotti gli interessi a debito entro la soglia ex L. n. 108 del 1996 per i periodi di suo superamento, si ottiene un saldo a debito per il correntista alla data del 5/9/13 pari ad Euro. 36.156,00 che gli opponenti, in solido, sono tenuti a corrispondere alla opposta, oltre a interessi convenzionali di mora come indicati nel ricorso per DI.
    In ordine poi al finanziamento n. (…) azionato in sede monitoria dalla banca, va anzitutto rilevata l'infondatezza della eccezione di nullità del contratto per mancanza di causa ex art. 1418 co. 2 c.c.
    Viene in particolare dedotto che tale rapporto sarebbe stato acceso al fine di estinguere le inesistenti passività del c/c n.
    (…).
    Ebbene, al fine del rigetto della eccezione è appena il caso di evidenziare, per un verso, che non è stata provata la sussistenza di un tale "collegamento negoziale" tra i due rapporti - una tale prospettazione non trova conforto nel documento contrattuale del finanziamento ove non viene indicato che il prestito concesso fosse funzionale all'estinzione delle passività rinvenute nel c/c n. (…) - e, dall'altro lato, che (per come sopra accertato) il conto corrente riporta una consistente esposizione debitoria di guisa che anche ipotizzando il ridetto collegamento alcuna nullità del mutuo per difetto di causa sarebbe comunque ipotizzabile.
    Quanto, poi, alla diversa circostanza circa l'impiego del prestito per l'estinzione di pregresse passività, la stessa non vale ex se a rendere la causa del mutuo nulla e/o illegittima, come pure lasciato intendere dalla mutuataria.
    E' documentato e risulta comunque pacifico tra le parti che la somma di Euro 70.000,00 venne accreditata sul c/c della mutuataria. Ebbene, tenuto conto del fatto che la banca ha messo a disposizione della beneficiaria la somma mutuata, non può essere revocata in dubbio la sussistenza di un finanziamento in favore di questa e, dunque, la esistenza della causa tipica del contratto che nel mutuo è, per l'appunto, quella di finanziare i mutuatari attraverso l'erogazione di denaro. Se, poi, nel caso di specie con il finanziamento è stata creata quella disponibilità finanziaria atta a consentire il ripianamento di precedenti passività, tale finalità non vale a inficiare la validità del contratto, costituendo solamente lo scopo pratico che le parti si prefiggono di perseguire, ossia la causa concreta del negozio (in termini Tribunale di Pescara, 6 maggio 2015).
    Da quanto detto discende - una volta rigettata l'eccezione di nullità proposta - che gli opponenti in solido vanno condannati a corrispondere all'opposta la somma di Euro 74.565,32, oltre interessi convenzionali di mora come indicati in ricorso per DI.
    Previa revoca del DI, gli opponenti vanno dunque condannati al pagamento degli importi sopra accertati.
    Gli opponenti chiedono - in via riconvenzionale - il ricalcolo del saldo del c/c anticipi n. (…), non costituito oggetto della pretesa monitoria.
    La domanda in oggetto, pur se ammissibile in quanto collegata a quella monitoria svolta dalla banca con riferimento al c/c ordinario n. (…) - basti evidenziare al riguardo il collegamento tecnico che sussiste tra il c/c anticipi oggetto delle pretese degli opponenti e il c/c
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    principale fatto valere dalla banca opposta, per come reso evidente dal giroconto su quest'ultimo conto delle competenze maturate nel primo - risulta tuttavia infondata.
    Gli opponenti non hanno infatti prodotto gli e/c relativi a tale rapporto necessari per verificare, oltre che la pattuizione, la concreta applicazione di interessi anatocistici e/o usurari, nonché per ricostruire i rapporti di dare e avere sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate (Cass. civ., Sez. I, Sentenza n. 21597 del 20.9.2013, v. anche Trib. Milano, 8 aprile 2010, Trib. Milano 24 settembre 2013), in tal guisa non assolvendo l'onere probatorio sugli stessi incombente ex art. 2697 c.c.
    Né può essere invocata, al fine di ottenere il ricalcolo del saldo del rapporto, la circostanza che gli e/c sono stati consegnati al ctu in sede di operazioni peritali, risultando la medesima produzione irrituale siccome avvenuta una volta maturate le preclusioni istruttorie.
    Né, ancora, giova il richiamo a tali e/c operato nella perizia di parte opponente dato che tale indicazione non può tener luogo della loro produzione in giudizio. Risulta al riguardo privo di pregio il richiamo degli opponenti alla pronuncia delle SU n. 7503 del 15/12/1986 le quali si sono occupate di vicenda, diversa da quella che ci impegna, di documenti non materialmente reperiti nel fascicolo di parte a fronte delle contrarie attestazioni della cancelleria; non invece di documenti la cui mancata tempestiva produzione sia stata riconosciuta dalla stessa parte.
    Deve, infine, essere disattesa l'ulteriore azione degli opponenti di condanna della banca al risarcimento dei danni, risultando la domanda sfornita di prova sia nell'an che nel quantum oltre che formulata in guisa a tal punto generica da non consentire la corretta instaurazione tra le parti di contraddittorio sul punto.
    Alla luce della soccombenza degli opponenti (le somme portate dal DI hanno trovato sostanziale conferma nel presente giudizio di opposizione) le spese tra questi e l'opposta vanno poste a carico dei primi; liquidazione come in dispositivo, sulla base delle disposizioni del D.M. n. 55 del 2014 e tenuto conto del valore e complessità della controversia. Per le stesse ragioni vanno posti a carico degli opponenti anche i costi del procedimento monitorio.
    Visti i relativi esiti, i costi della ctu, liquidata con separato decreto, sono da porsi a carico degli opponenti in solido. P.Q.M.
    Il Tribunale di Palermo, in persona del Giudice Unico, definitivamente pronunciando, così provvede:
    revoca il DI opposto;
    condanna gli opponenti in solido a corrispondere al (…) S.p.A.: - Euro. 74.565,32 quale saldo debitorio al 5/9/13 del finanziamento chirografario n. (…) acceso in data 16/12/10, oltre interessi convenzionali di mora come indicati in ricorso; - Euro. 36.156,00 quale saldo debitorio al 5/9/13 del c/c n. (…), oltre interessi convenzionali di mora come indicati in ricorso; rigetta ogni domanda degli opponenti;
    condanna gli opponenti, in solido tra loro, a rifondere alla opposta le spese di lite che si liquidano in Euro 4.835,00 per compenso di Avvocato, oltre oneri e accessori di legge;
    pone a carico degli opponenti le spese di lite del procedimento monitorio; pone i costi della ctu, liquidata con separato decreto, a carico degli opponenti in solido.
    Così deciso in Palermo l'1 giugno 2018.
    Depositata in Cancelleria l'8 giugno 2018.

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