mercoledì, Dicembre 25, 2024
Rivista Giuridica JUS

Trasferimento e assegnazione temporanea ex art. 33, comma V, L. 104/1992 – Diritto di scelta della sede di lavoro del lavoratore di familiare disabile.

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Trasferimento e assegnazione temporanea ex art. 33, comma V, L. 104/1992 - Diritto di scelta della sede di lavoro del lavoratore di familiare disabile.

di Claudio Di Cara

ord. Barcellona P.G._l.104_92

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con ordinanza del 24 novembre 2020, ha riaffermato la natura di diritto soggettivo – già riscontrata in pronunce di legittimità(1) – della pretesa del dipendente di scegliere una sede di lavoro vicina al domicilio del disabile assistito, sottolineando così l’inderogabilità della disciplina di cui all’art. 33 della L. 104/1992 (anche dinnanzi ad accordi di mobilità interna, fissati dalla contrattazione collettiva, incompatibili con le esigenze del lavoratore familiare). Con tale
provvedimento è stato affermato il buon diritto della dipendente la quale ha chiesto, solo in sede giudiziale, il trasferimento definitivo, avendo domandato, invece, in via amministrativa l’assegnazione temporanea (cd. “distacco”) e una preferenza nella scelta della prima sede, illegittimamente non concesse.

IL FATTO. La vincitrice di un concorso pubblico richiedeva di scegliere prioritariamente la sede di prima assegnazione, al fine di assistere al meglio il proprio genitore invalido. Ebbene, l’amministrazione, pubblicando la convocazione per l’attribuzione della sede, riconosceva una scelta preferenziale ai candidati vincitori, in possesso requisiti ex art. 33, l. 104/1992(2) , ma limitatamente al comma VI e non anche al comma V, ovvero ai soli concorrenti invalidi e non anche ai vincitori familiari di disabili.
Ciononostante, la dipendente prendeva servizio presso una sede distante più di km 200 dalla dimora della madre invalida, e, intanto, si vedeva rifiutare la richiesta di assegnazione temporanea presso un ufficio più vicino, benché non le fosse mai stato contestato il possesso di tutti i requisiti prodromici. Nelle more, l’amministrazione, pubblicando i posti vacanti per gli ulteriori scorrimenti del medesimo concorso, al quale aveva partecipato la dipendente, rendeva disponibili un significativo numero di posti presso la sede desiderata dalla lavoratrice.
Avverso il provvedimento di diniego al “distacco”, la pubblica dipendente proponeva ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. per veder riconosciuto il diritto al trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma V, l. 104/1992 o, in subordine, all’assegnazione temporanea presso ufficio più vicino al domicilio della familiare assistita.

LA SOLUZIONE. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha accolto le ragioni della ricorrente, condannando l’amministrazione resistente all’immediato trasferimento della dipendente presso una sede più vicina alla dimora del genitore invalido assistito. In particolare, il giudice adito ha riconosciuto il diritto originario del lavoratore familiare di disabile a scegliere prioritariamente la propria sede di lavoro, affermando il carattere inderogabile della disposizione di cui all’art. 33, comma V, l. 104/1992. Peraltro, il Tribunale ha ritenuto insufficienti le allegazioni dell’amministrazione resistente, la quale avrebbe dovuto provare concretamente le possibili disfunzioni organizzative e operative, derivanti dal trasferimento della dipendente, o l’assenza di posti disponibili presso la sede desiderata, in ossequio all’inciso «ove possibile» della summenzionata disposizione. La lavoratrice, d’altra parte, aveva ampiamente provato le esigenze di cura della di lei madre, nonché – pur non essendovi tenuta – la disponibilità (e non solo la “vacanza”) di posti presso la sede desiderata sia al momento del deposito della domanda giudiziale, ma soprattutto al momento della scelta della prima assegnazione.

COMMENTO. L’ordinanza in commento si inserisce in un filone giurisprudenziale(3) , che vede soccombere sempre più frequentemente l’interesse datoriale nel bilanciamento con il diritto del lavoratore familiare ad assistere il disabile. Infatti, nonostante il riconoscimento della natura di diritto soggettivo alla scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio del disabile in favore del lavoratore familiare, questo deve, comunque, confrontarsi con le esigenze datoriali di efficientamento delle risorse,
in ossequio all’inciso «ove possibile» di cui all’art. 33, comma V, l. 104/92. Risulta, però, evidente che ricada sul datore di lavoro allegare concrete esigenze organizzative ostative al trasferimento del lavoratore. Invero, la sempre maggior prevalenza del diritto del familiare lavoratore che assista con continuità un parente disabile deriva dal rango costituzionale e sovranazionale dei principi sottesi. Tra gli altri si ravvisa opportuno menzionare gli artt. 3, comma II, 32 e 38 della Costituzione, l’art. 26 della
Carta di Nizza, la Convenzione delle Nazioni Unite del 12 dicembre 2006 sui diritti dei disabili, ratificata con l. 18/2009.

Ebbene, ove si legittimasse l’interpretazione sostenuta all’amministrazione resistente, sul riconoscimento della scelta preferenziale della sede di destinazione ai soli lavoratori disabili, si affermerebbe un’indebita interpretatio abrogans dell’art. 33, comma V della l. 104/1992, così causando
un’illegittima sperequazione tra il diritto all’assistenza da parte dei disabili lavoratori e quello fornito dai lavoratori familiari. Infatti, anche il comma V rappresenta «uno strumento indiretto di tutela riconosciuto alle persone in condizione di handicap».

Gli infondati argomenti e le scarse allegazioni della difesa erariale hanno, peraltro, fornito occasione per il decidente di riaffermare la natura inderogabile e, dunque, assolutamente prevalente della l. 104/92 sui
contratti collettivi – financo quando procedimentalizzano rigidamente le procedure di mobilità interna – nonché per richiamare la distribuzione dell’onere probatorio. Infatti, spetterà al datore di lavoro, nel caso di specie alla P.A., fornire prova di concrete esigenze economiche, produttive ed organizzative ostative al trasferimento, «non potendosi attribuire di per sé rilevanza alle carenze di organico dell’ufficio di provenienza […], in mancanza di alcuna deduzione in ordine alle conseguenze del trasferimento sul buon andamento dell’ufficio […] e sulla sussistenza di ulteriori ragioni ostative, diverse dalla consistenza della pianta organica, idonee a far ritenere prevalente l’interesse organizzativo a trattenere il dipendente nell’attuale sede». Si rilevi, peraltro, che, pubblicando l’elenco delle sedi disponibili per ulteriore scorrimento del concorso della ricorrente, l’amministrazione aveva dato notizia della disponibilità di posti presso la sede desiderata.

Pertanto, il tribunale, riconoscendo ab origine il buon diritto della ricorrente alla scelta preferenziale della sede, sebbene a seguito dell’assegnazione avesse chiesto (vanamente) in fase stragiudiziale la mera assegnazione temporanea, ha condannato l’amministrazione all’immediato trasferimento della lavoratrice familiare ad altro ufficio più vicino al domicilio della disabile assistita.

SCHEMA DI RIEPILOGO. Appare opportuno sintetizzare gli strumenti processuali a disposizione del lavoratore familiare al fine di ottenere l’assegnazione temporanea o il trasferimento presso sede più vicina al domicilio dell’invalido ex art. 33, comma V, l. 104/1992.

  1. Proposizione, in sede amministrativa, di domanda stragiudiziale di trasferimento definitivo o di assegnazione temporanea tramite l’ufficio competente.
  2. In caso di rigetto, proposizione di ricorso ex art. 700 c.p.c. o, alternativamente, impugnazione dell’eventuale provvedimento di diniego (benché occorra sottolineare la maggior efficacia, economicità e tempestività del procedimento cautelare). I giudici ordinari, invero, si sono dimostrati alquanto benevoli nel riconoscere la sussistenza del periculum in mora sia in capo al disabile che al lavoratore familiare. D’altra parte, il giudice amministrativo si è mostrato più incline a riconoscere una certa ampiezza alla discrezionalità dell’amministrazione nel disporre delle proprie risorse umane, ritenendo prevalente l’interesse datoriale al buon andamento ed efficienza della P.A. su quello del lavoratore(4).
  3. Per il lavoratore occorrerà fornire prova della grave disabilità del familiare, della necessità di assistenza, nonché dichiarazione del ricorrente che nessun altro soggetto usufruisce dei benefici ex art. 33 per lo stesso disabile(5) . Si segnala che, benché formalmente non richiesta al dipendente, l’allegazione di documenti che attestino la disponibilità di posti, presso la sede desiderata, si ravvisa
    pressoché decisiva per spuntare considerevolmente le difese datoriali.
    Sul fronte opposto, il datore di lavoro oltre a contestare le allegazioni del lavoratore, dovrà fornire concreta prova delle disfunzioni organizzative-gestionali derivanti dal trasferimento del dipendente presso la sede desiderata, con particolare riferimento all’effettivo calo di efficienza e produttività dell’attuale sede di lavoro del ricorrente. Infatti, non sarà sufficiente limitarsi a riferirsi alle piante organiche dell’ufficio in entrata e in uscita, né alla mera vacanza (rectius, disponibilità) di posti.
  4. In caso di rigetto della domanda cautelare, potrà proporsi reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.
  5. In caso di accoglimento del ricorso cautelare non sarà necessario instaurare il giudizio a cognizione
    piena in ossequio al comma VI dell’art. 669-octies c.p.c.


1 Cfr. Cass. n. 7120/2018; Cass. 3896/2009. Preme sottolineare che tale diritto soggettivo non può dirsi pieno, in
quanto deve esser bilanciato con l’interesse produttivo del datore di lavoro. Per tale orientamento cfr. ex multis Cons. St.,
Sez. IV, n. 4796/2017; TAR Lazio, Sez. I-bis, n. 13706/2015.

2 Di seguito si riporta un estratto del citato art. 33 della L. 104/92: «3. A condizione che la persona handicappata non sia
ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o
affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano
compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre
giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere
riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. […]

3. Ex multis, T. Palermo, Sez. Lav., n. 4149/2019.

4. Cfr. sentenze citate in nota n. 1.
5. Cfr. art. 20, L. 53/2000 che ha espunto il requisito della convivenza tra lavoratore e familiare disabile; cfr. art. 24, L.
183/2010, il quale, intervenendo sull’art. 20 comma 1 della citata L. 53/2000 ha eliminato anche i requisiti della continuità
ed esclusività dell’assistenza.

5. Il lavoratore di cui al comma 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assisteree non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso».


RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI. Cass. n. 6150/2019; T. Palermo, Sez. Lav., n. 4149/2019; Cass. n. 7120/2018; TAR Toscana, Sez. I, n. 926/2017; TAR Friuli V.G., Sez. I, n. 274/2017; T. Roma, Sez. Lav., ord. 28 febbraio 2017; Corte Cost. n. 2013/2016; Cass. n. 15873/2012; Corte Cost. n. 203/2009; Cass. n. 3896/2009; SS. UU. n. 7945/2008.


 

Dott. Claudio Di Cara
Studio Legale Geraci

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